giovedì 11 aprile 2013

Sensational Norberto

Sensational Norberto ... che ritrasse l’Umbria in chiave antimoderna, senza mai assoggettarsi alle mode e alle sperimentazioni. In questo ha ragione da vendere Philippe Daverio, che ne ha presentato la retrospettiva antologica in Assisi. Norberto fu un artista che amava ritrarre la sua terra in modo ripetitivo e pertanto efficace, come si addice ad un sarto di paese con i suoi modelli. Fu in tal modo che ne divenne un suo credibile messaggero. Non fu solo un pittore primitivo, un artista naif. Lo dimostra il fatto che egli ebbe frequentazioni negli ambienti intellettuali e persino una commovente amicizia con Michelangelo Antonioni, suo ospite fisso nei fine settimana.

L'Umbria deve essere grata al formidabile moltiplicatore della sua immagine più convenzionale, quindi efficace in termini di comunicazione visiva. In occasione del vernissage, quel suscitatore di Daverio pontificava che fu proprio Giotto dalla Basilica Superiore a concepire per primo la televisione come mezzo di comunicazione delle immagini, emulato da quel Benozzo Gozzoli che operò a Montefalco.
Vuoi vedere che dopo aver perso una provincia ci trasferiscono in Umbria la direzione generale della Rai?

Dal nostro confinato punto di vista, senza scomodare i baluardi della pittura medievale e rinascimentale, osserviamo che l'Umbria intera e Spello, in particolare, devono molto a questo sarto, come egli deve molto a Vittorio Merendoni, il dinamico cameriere del ristorante "Il Cacciatore" che, tra un servizio e un altro, fu il suo primo mentore.

Vedi certe volte come nascono le cose? Tutti gli importanti galleristi che lo fecero conoscere al grande pubblico arrivarono secondi e forse non sarebbero neppure arrivati senza il determinante tam tam di Vittorio.
Magia incommensurabile della provincia. Ecco perché non ci interessa - e del resto non saremmo neppure in grado di stabilirlo - se quella di Norberto fu vera arte degna di essere ammessa alla Biennale di Venezia. Biennale o no, Norberto, mai profeta in patria, dove gli fu rimproverato un migliore stile di vita rispetto a quello dei compaesani, a Venezia ci andò con le proprie forze.
Egli fu, e resta, un formidabile comunicatore dell'Umbria e in particolar modo di quell'Umbria francescana (un po' dannunziana, se si pensa alle Città del Silenzio e un po' da Mulino Bianco, se non si vogliono scomodare i poeti) che oggi non c'è più e se c'è bisogna andarsela a cercare nelle pieghe del tempo, facendosi largo tra il cemento sparso a iosa e le poco stabili villette geometrili, a giudicare dai movimenti franosi.
In questo, più o meno consapevolmente, la pittura di Norberto fu una pittura di denuncia contro le oscenità che si incontrano in giro.

Siparietto. Oggi sarebbe fuori luogo dipingere quelle pietre del Subasio scolpite ad arte e sistemate una sopra l'altra, come le sapevano collocare bene i muratori che non provenivano da Tirana, ma al massimo da Collepino o dalla Chiona. Adesso che gli i uffici urbanistici si palleggiano le responsabilità per gli imponderabili, benché naturali, movimenti franosi, ci accorgiamo che non vi è ambientazione migliore per le opere che piacquero a Cesare Zavattini, di quella all'interno del gagliardo Monte Frumentario; in attesa che vengano ospitate presso le scuderie del Quirinale, dove continueranno a diffondere l'immagine di una regione che ancora non scendeva a valle con la piena.

Vattela a pesca dove si è rifugiata oggi la "Sensational Umbria", se nei pixel di McCurry o nelle tele del sarto spellano. Beata umbritudine, umbra beatitudine

Giovanni Picuti giovanni.picuti@aiice.it
Corriere dell'Umbria Giovedì 11 Aprile 2013

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